sabato 10 dicembre 2011

Dormi dormi, fai la nanna....

Negli ultimi anni le neuroscienze hanno fatto grandi progressi nello studio del sonno e delle sue alterazioni. E’ stato confermato il ruolo del sonno nel consolidamento della memoria e nel’apprendimento e, recentemente, nella regolazione emotiva dei ricordi. 


L’equipe della Berkeley University guidata da Matthew Walker ha dimostrato che durante la fase REM del sonno, caratterizzata dai rapidi movimenti oculari e dall’intensa produzione onirica, vengono “riprocessati” e memorizzati gli eventi vissuti durante la giornata. 
Mentre sognamo, rimangono soppressi  i circuiti cerebrali noradrenergici  implicati nelle risposte da stress e vengono attivati i collegamenti fra l’amigdala e l’ippocampo, il chè permette di codificare le nostre esperienze più importanti  senza un eccessivo carico emotivo. Così possiamo ricordare cosa ci è successo il giorno prima con un po’ di distacco. A volte il sogno si ripete per più volte di seguito, finchè l’intensità delle emozioni non si attenua. 


L’inceppamento di questo meccanismo, la mancata riduzione di adrenalina durante la fase REM che si accompagna all’iperattività dell’amigdala, è documentato nei disturbi d’ansia e potrebbe essere alla base del Disturbo post traumatico da stress. Questo studio, pubblicato su Current Biology, dimostra che il sonno REM esplica durante la notte un’azione calmante sull’amigdala attivata dagli avvenimenti  vissuti a veglia e può essere un importante regolatore del nostro equilibrio emotivo. 


Fonti:

van der Helm et al., REM Sleep Depotentiates Amygdala Activity to Previous Emotional Experiences,
Current Biology (2011), doi:10.1016/j.cub.2011.10.052
http://walkerlab.berkeley.edu/science.html
http://walkerlab.berkeley.edu/science.html

lunedì 10 ottobre 2011

Errare è umano....

..….e  serve a imparare! Le ricerche scientifiche dimostrano che impariamo di più dai nostri sbagli che dai successi  grazie ad un effetto “sorpresa” che interviene quando ci accorgiamo di aver commesso un errore.
Andy Wills dell’Università di Exeter ha scoperto che l’area del cervello responsabile di questo fenomeno è la regione temporale inferiore, la stessa che ci permette di riconoscere gli oggetti  che guardiamo.  
Wills ha sottoposto un gruppo di volontari ad un test computerizzato che consisteva nel prevedere i risultati in base ad alcuni dati forniti in anticipo. Quando i dati di partenza sono stati modificati in modo da costringere  i partecipanti a cambiare rapidamente le loro previsioni non più esatte, si registrava un’ attività cerebrale proprio nell’area temporale inferiore alla velocità di 0,1 sec. Perciò imparare dagli errori è anche molto veloce!

Il guaio è che non sempre funziona o almeno, non per tutti. 
Nel recente studio pubblicato su Psychological Science Jason S. Moser dell’Università di Michigan e i suoi collaboratori hanno dimostrato che esiste una differenza fra le persone che credono alla loro possibilità d’imparare e quelli che non ci credono.
Ai volontari è stato chiesto di identificare la lettera centrale in una serie tipo MMMMM o MMNMM. La lettera centrale era uguale alle altre quattro oppure diversa. Le serie di lettere venivano presentate ripetutamente in rapida successione aumentando così  la probabilità di un errore. 

Con delle apposite cuffie dotate di elettrodi è stata monitorata l’attività elettrica cerebrale dei partecipanti all’esperimento. Ogni volta che uno di loro commetteva l’errore, nel suo cervello si registravano due segnali, uno immediato ad indicare: “accidenti!” e l’altro, successivo, che segnalava la presa di coscienza  dell’errore e tentativo di ripararlo, tipo: ”ho sbagliato, devo stare più attento”. Tutto questo in appena un quarto di secondo!
 I ricercatori hanno notato che, quelli che credevano nelle proprie possibilità di imparare dagli errori miglioravano  la loro attenzione dopo uno sbaglio e ottenevano in seguito i risultati migliori, mentre il secondo segnale prodotto dai loro cervelli era molto più ampio rispetto a quello dei compagni scettici” e sfiduciati.

Comprendere perché gli individui reagiscono diversamente ai propri sbagli dovrebbe aiutarci a credere che impegnarsi  e imparare di più è alla portata di tutti. Niente più scuse, scientia docet!

Per dirla con Henry Ford: 
"Sta a te: puoi credere di farcela o credere di non farcela. In entrambi i casi i fatti ti daranno ragione." 

Fonti per questo post- ScienceDaily:

WhyWe Learn From Our Mistakes

martedì 23 agosto 2011

Tale quale....e la dismorfofobia

A scuola la maestra dice agli alunni:


-          Oggi ciascuno di voi ci racconterà in che cosa assomiglia ai propri genitori.. Che cosa vi sembra di avere in comune con loro? A chi somigliate di più?
Mario si alza con la faccia molto triste:
-          La mia mamma aveva un sorriso uguale al mio, il naso, le orecchie..tutti dicevano che ero identico a lei..
           Scoppia a piangere e la maestra     cercando di consolarlo:
-                            Povero piccolo, la tua mamma… è andata in cielo…
            Bambino:
-          No, signora maestra, dal chirurgo!


La chirurgia plastica e ricostruttiva  restituisce la serenità alle persone rimaste sfigurate negli incidenti, operate di un tumore; permette di ripristinare l’uso delle parti del corpo mutilate e di correggere le malformazioni come il labbro leporino o la palatoschisi e i difetti estetici che incidono sulla qualità della vita dell’individuo, come le orecchie a sventola o la ptosi palpebrale. 

 Purtroppo, fra quelli che si sottopongono agli interventi c’è una percentuale difficilmente determinabile di  persone che usano la chirurgia come uno strumento di controllo sul proprio corpo. In molti casi si tratta di un disturbo dell’immagine corporea detto dismorfofobia. 
Nella classificazione DSM-IV delle malattie mentali la dismorfofobia è inclusa fra le patologie somatoformi .
 La persona che ne soffre ritiene di avere un grave difetto o deformazione a carico di una qualunque parte del  corpo. Passa molto tempo a camuffare e a controllare questa parte considerando la sua correzione indispensabile per la propria vita. I dismorfofobici che intentano la causa contro il chirurgo perché insoddisfatti del risultato, sono numerosi, poichè il problema che hanno con il proprio corpo non può essere risolto chirurgicamente.  

  Esiste un altro disturbo dell’immagine corporea, raro e ancora non ben definito, in cui invece la chirurgia sembra finora l’unica e disperata soluzione. Si tratta di apothemnophilia o BIID (Body Integrity Identity Disorder). 
Le persone con BIID rifiutano una parte del corpo, che considerano di ..troppo o aliena, e ne richiedono l’amputazione. Altrimenti minacciano il suicidio o tentano automutilazione usando le armi da fuoco, procurandosi infezioni o ustioni, qualcuno addirittura si è sdraiato sui binari per farsi amputare le gambe dal treno in corsa. 
La patologia ha richiamato l’attenzione dei media quando, nel 1997, un chirurgo scozzese Robert Smith ha amputato le gambe al di sopra del ginocchio ai due uomini che ne avevano fatto la richiesta. La notizia ha sollevato molte polemiche, ma il chirurgo affermava di essersi consultato con gli psichiatri e, a distanza di due anni dall’intervento, i pazienti si dichiaravano soddisfatti, avendo nel frattempo cambiato lavoro e adattato la loro vita alle nuove condizioni fisiche.


Nell’articolo “Amputees By Choice: Body Integrity Identity Disorder and the Ethics of Amputation” pubblicato su Journal of Applied Philosophy, Tim Bayne e Neil Levy (2005) discutono le caratteristiche della patologia e le questioni etiche legate agli interventi, aggiungendo che “attualmente nessun ospedale offre la possibilità di amputare gli arti sani”, mentre la comunità di “wannabes”, come si fanno chiamare gli “aspiranti alla amputazione”, può già contare alcune migliaia di membri..

mercoledì 22 giugno 2011

La TV ci prende per il naso?


  La TV di domani, oltre che bella o brutta potrà essere anche profumata o puzzolente.
L’idea di associare gli stimoli olfattivi alle immagini di un film risale agli anni ’40. Già Walt Disney  pensava di utilizzare questo abbinamento per  “La Fantasia”, ma i costi erano allora troppo alti. 
Negli anni sessanta Laube ha costruito un sistema Smell-O-vision che emetteva le sostanze profumate vicino alle poltrone degli spettatori  seguendo la colonna sonora. L’esperimento fu un disastro perché la mescolanza degli odori creò un effetto nauseante.

Lo stimolo olfattivo è in grado di risvegliare i ricordi, di indurre le emozioni,  di influenzare le nostre scelte, perciò il suo potenziale uso nell’ambito pubblicitario è molto appetibile e interessa ovviamente anche ai produttori delle tecnologie audio-televisive. 
Due anni fa la coreana Samsung ha commissionato all’Università  di  California, San Diego,  uno studio sulla fattibilità d’uso di un dispositivo collegato al televisore o al telefono cellulare che potesse emettere gli odori coordinati alle immagini che venivano trasmesse.  I risultati pubblicati di recente dimostrano che è possibile realizzare un dispositivo in grado di sprigionare circa 10000 flagranze e sufficientemente piccolo  da  collocare dietro lo schermo, utilizzando il sistema a matrice X-Y.
 Il prof Sungho Jin, responsabile della ricerca, spiega che gli odori sono contenuti in una soluzione acquosa all’interno di minuscoli contenitori di silicone attraversati dal filo metallico. Quando la corrente elettrica attraversa il filo, la soluzione si riscalda liberando il gas odoroso. L’aumento della pressione apre un piccolo foro permettendo la fuoriuscita del gas il cui odore può essere percepito fino alla distanza di 30 cm.

E quando il contenuto del dispositivo finisce? Potrete cambiare la cartuccia come fate oggi con la vostra stampante. 

Leggi l’articolo su Science Daily

domenica 8 maggio 2011

L'autostima e le carte di credito

    Chi non ha nell'armadio un vestito stravagante, mai indossato o, in giro per casa, un oggetto inutile comprato in un momento difficile con l'unico scopo di tirarsi sù di morale?
Quando le convinzioni su se stessi o sulle proprie capacità vengono minacciate da un insuccesso personale o da una performance non riuscita, molti sono propensi a cercare la compensazione faccendo lo shopping degli oggetti costosi, firmati, simboli di uno status.

In una ricerca pubblicata su Social Psychological and Personality Science, Niro Sivanathan della London Business School e Nathan Pettit della Cornell University hanno dimostrato che le persone che acquistano gli articoli di lusso per sollevare l'autostima in pericolo, scelgono la carta di credito come il metodo di pagamento psicologicamente meno doloroso in quanto dilazionato nel tempo.
I ricercatori hanno somministrato ai volontari dei test computerizzati di logica e di ragionamento spaziale manipolati in modo che il risultato fosse completamente casuale: o molto lusinghiero o estremamente scadente. I partecipanti che hanno ricevuto il voto basso, in pratica equivalente al titolo di "deficiente", quando è stato chiesto loro di scegliere il metodo di pagamento preferito per un prossimo acquisto, optarono in maggioranza per le carte di credito, contrariamente agli altri, decretati dai test fasulli come "geni".
In uno studio successivo Sivanathan e Pettit hanno chiesto a 150 studenti di pensare all'acquisto di un paio di jeans. La metà di loro avrebbe dovuto comprare dei jeans firmati, di una maison prestigiosa, carissimi, e l'altra metà dei jeans normali, economici. Tutti i ragazzi sono stati sottoposti ai test computerizzati dagli esiti truccati e coloro che ricevettero la valutazione bassa erano pronti a pagare i jeans di lusso fino al 30% in più dei loro compagni e in maggiore percentuale (60%) intendevano ricorrere al pagamento con la carta di credito. Per quanto riguarda i jeans economici, i risultati furono diversi: né la somma che gli studenti erano disposti a pagare, né il modo di pagamento apparivano influenzati dal voto ottenuto ai test.

In conclusione: gli oggetti "normali", di uso quotidiano non hanno lo stesso potere di rassicurarci sul nostro valore di quanto ne abbiano gli articoli di lusso e, come affermano gli autori, è molto probabile che le persone dopo una minaccia alla propria sicurezza ricorrano al credito per comprare questo tipo di beni senza curarsi di alti tassi d'interesse o di un indebitamento a lungo termine legato alla restituzione del prestito.


Sei giù di corda? Quando esci, ricordati di lasciare le carte di credito a casa!

giovedì 28 aprile 2011

Magra, non magra, magra....

...recita Geppy in uno spot pubblicitario, ma il problema del peso affligge molti di noi.
Chiunque abbia mai provato a mettersi a dieta, sa quanto è difficile mantenere un regime calorico ridotto per lungo tempo, perchè la dieta funziona...finchè la fai!
    La nostra mente è un bastian contrario, appena cerchiamo di non pensare al cibo .. arrivano i pensieri che ce lo fanno ricordare.
    Provate voi stessi: decidete di non mangiare più qualcosa che vi piace molto, un giorno, due, tre... e poi? Probabilmente proverete uno stimolo forte a trasgredire..un desiderio irrefrenabile di quella cosa di cui vi state privando.

Allen Carr, l'autore del bestseller "E' facile smettere di fumare se sai come farlo", che ha aiutato milioni di persone ad abbandonare il fumo, ha elaborato un suo programma alimentare basato sui cibi naturali e lo propone nel libro "E' facile controllare il peso se sai come farlo" (ed. EWI, 2009).
Per scoprire quali cibi siano i più adatti all'uomo Allen Carr prende spunto dal mondo degli animali. 
A quale animale somiglia di più l'uomo sapiens? Ci piaccia, o no, alla scimmia. E cosa mangia il nostro cugino scimpanzé?...esatto! Le banane! Persino il nostro gusto lo testimonierebbe: sin da piccoli preferiamo i sapori dolci, perchè la frutta matura è dolce! I nutrizionisti obietterebbero subito che una dieta a base di frutta e verdura porterebbe sicuramente ad una carenza di proteine e di calcio.

Carr non è un integralista radicale e parla di alimentazione prevalente, non esclusiva. Del resto anche le scimmie si concedono qualche volta una succulenta larva ricca di proteine. Per quanto riguarda il calcio, l'autore porta ad esempio l'elefante che ha una massa ossea, comprese le zanne, molto più grande di noi e...non soffre di osteoporosi pur non mangiando lo yogurt arricchito, ne altri latticini. 
   


Non sarebbe stato meglio, forse, fare una scorpacciata di banane o un'indigestione d'insalata?!

lunedì 11 aprile 2011

Medita, che ti passa...

     Non ha controindicazioni ed è accessibile a tutti!     
Il  nuovo antidolorifico si chiama mindfulness, ossia la meditazione di consapevolezza. Non si tratta di una pratica ascetica dei monaci tibetani,  né di una trovata New Age ad effetto mediatico.
   
Mindfulness proviene dalla tradizione buddista theravada, ma le sue tecniche sono state adattate al modo di vivere occidentale e in pratica consiste nel “porre l’attenzione intenzionalmente, nel momento presente, in modo non giudicante”  (J.Kabat-Zinn).  
  Le terapie basate sulla meditazione, oltre ad avere l'efficacia clinica, si sono rivelate in grado di  modificare la struttura di alcune aree cerebrali.  
E’ stato documentato, per esempio, un ispessimento dell’ippocampo, l’area importante per l’apprendimento e per la memoria, nei partecipanti al  programma di Riduzione dello Stress basato su mindfulness (MBSR). La diminuzione dello stress si accompagnava anche alla riduzione della densità cellulare nell’amigdala coinvolta nelle manifestazioni dell’ansia, della paura e dello stress.

L’ultima ricerca condotta da Fedel Zeidan del Wake Forest Baptist Medical Center in North Carolina dimostra che quattro sedute di mindfulness di 20 minuti ciascuna possono ridurre del 40 per cento l’intensità del dolore percepito, contro appena  il 25 per cento dei farmaci analgesici, compresa la morfina.  La risonanza magnetica (RMI-SLA) effettuata dopo le sedute di mindfulness ai volontari sottoposti ad uno stimolo termico doloroso,  ha visualizzato la riduzione dell’attività della corteccia somatosensoriale nella quale ha l'origine la sensazione di dolore e l’aumento dell’attività nelle aree responsabili della elaborazione dell’esperienza dolorosa a partire dai segnali  provenienti dal corpo.

I partecipanti allo studio non avevano mai meditato prima!  Questo dovrebbe incoraggiare chi di voi pensi che per  praticare la mindfulness debba rinchiudersi per molto tempo in qualche monastero…Per cominciare, o per curiosità, leggi qualche libro di Jon Kabat-Zinn..

Riferimenti:

giovedì 24 marzo 2011

Il pregiudizio viene da lontano

     
         La distinzione  fra “noi” e “loro” in base alle differenze raziali, politiche o religiose ha causato conflitti, guerre e stragi delle quali abbonda la storia dell’umanità. La tendenza a discriminare gli “altri” estranei  non è nata però con il genere umano, ma risale probabilmente all’epoca dell’antenato comune fra noi e le scimmie, cioè, a 25 milioni di anni fa. 
Lo confermano le ricerche dell’equipe della Yale University diretta dalla psicologa Laurie Santos che ha scoperto la presenza di “pregiudizio”  nel comportamento  dei macachi  rhesus di Cayo Santiago, un`isola al largo di Puerto Rico. 


I macachi  vivono in gruppi  piuttosto flessibili, all’interno dei quali molti individui si spostano nell’arco della loro vita. Gli scienziati hanno mostrato ai macachi le foto dei loro simili, alcuni appartenenti allo stesso gruppo, altri ad un branco diverso, misurando la durata di attenzione che le scimmie dedicavano ai singoli volti. E’ noto che gli animali fissano più a lungo le cose nuove e potenzialmente pericolose e, infatti,  le scimmie scrutavano con insistenza gli individui estranei al loro gruppo.  Riconoscevano come estranei anche gli ex membri del branco, quelli che ne facevano parte fino a poco tempo prima. 
Gli studiosi hanno verificato ( tramite test IAT), che le scimmie non si limitavano al riconoscimento dei volti, ma li  associavano a cose “buone” (frutta) o cattive (ragni). I macachi valutano, proprio come noi umani,  in modo positivo i soggetti appartenenti al proprio gruppo mentre guardano con sospetto gli estranei.

In base a questi risultati, la tendenza dell’uomo  a non gradire i “diversi da se” sembra evoluzionisticamente molto radicata, perciò difficile da modificare. “La buona notizia è” dice Larie Santos “che persino i macachi sono flessibili nel considerare gli altri ora dentro, ora fuori dal gruppo. Se troviamo un modo di potenziare questa flessibilità potremmo  diventare una specie un po’ più tollerante”.

La notizia proviene da:  Yale Daily  Bulletin

                                                                              Guarda il video dell’esperimento

martedì 1 marzo 2011

Smettere di rimandare..da subito!

Rimandi la preparazione di un esame, o salti la sessione? Non è una tragedia, ma se capita più volte potrebbe farti sentire in colpa, inadeguato e oltre a compromettere la tua autostima, rallentare il tuo percorso universitario. 
Del perché procrastiniamo ne abbiamo già parlato nel post  “Comincio domani”, adesso vediamo come si fa a smettere!  La ricetta è semplice:  fai qualunque cosa stavi rimandando … solo per qualche minuto. Se devi  studiare, concentrati sui libri per mezzora soltanto e subito. Poi farai tutto quello che vorrai. Se devi riordinare l’armadio, metti a posto solo un cassetto, al resto ci penserai dopo.
 Richard Wiseman descrive le basi scientifiche della regola “solo per qualche minuto” nel  libro “59 secondi. Pensa poco, cambia molto” ( Salani Ed., 2010). Il metodo si basa sulle osservazioni di una psicologa russa degli anni venti , Bluma Zeigarnik. La studiosa aveva assegnato ad un gruppo di volontari vari compiti, come mettere oggetti in una scatola, o impilare i ripiani. In alcuni casi ha fatto interrompere l’operazione prima che fosse finita e poi ha fatto descrivere a tutti i partecipanti le azioni che hanno dovuto compiere. L’esperimento ha svelato che le azioni non portate a termine, interrotte, vengono ricordate con più facilità, si imprimono meglio nella mente delle persone. L’inizio di ogni attività crea nel cervello un’attivazione simile all’ansia che ritorna alla “calma” quando l’impegno è portato a termine. Un' interruzione, che impedisce di  completare il lavoro, mantiene viva l’ansia che ci perseguita finchè non abbiamo finito ciò che era rimasto in sospeso. 
“I procrastinatori,” scrive Wiseman, “rimandano spesso l’inizio di certe attività perché sono intimoriti dalla mole di lavoro che li attende”. Una volta persuasi di dedicarsi al compito “solo per qualche minuto”, riescono, di solito, ad arrivare fino in fondo.

Prova anche tu ad applicare questo metodo e oggi studia per mezzora soltanto  e, se per  te non funziona, se non ti viene voglia di continuare, pazienza! Sei stato bravo comunque: mezzora è meglio di niente!  Fai lo stesso domani,  dopo domani… e dopo ancora…

Leggi anche: Comincio domani

domenica 13 febbraio 2011

L'amore passionale e la routine quotidiana...

 Mi sono fatta contagiare anch'io dal clima effervescente dei festeggiamenti di San Valentino e voglio scrivere qualcosa sull'amore. 

Nelle coppie un po' datate, per esempio, come si fa a coniugare la passione con la routine? Potete farvi un'idea delle difficoltà che potrebbero nascere nei momenti più intimi, leggendo questa poesia del noto comico Flavio Oreglio pubblicata nel libro scritto a più mani "Love. L'amore ai tempi del viagra" (Mondadori, 2003).

"I tuoi vestiti buttati sul divano...
Il reggiseno sull'abat-jour...
Le mutandine fra i giornali...
La tavola ancora imbandita
con una coppa di champagne
rovesciata su una sedia...
E tu sei lì,
nuda
sul letto
mi guardi
e io ho già capito...
Vaffanculo,
anche stasera tocca a me rimettere tutto in
ordine!!!"

venerdì 11 febbraio 2011

A San Valentino fai un gesto d'amore...per la Terra!

                
           


    


     Sai qual'è l'impatto della festa di San Valentino sull’ambiente? Ecco quello che, con ogni probabilità, succederà fra qualche giorno solo negli Stati Uniti:
  • -          198 milioni di rose vendute dai fioristi americani
  • -          141 milioni di cartoline con auguri, cuoricini, mielose rime, ecc.
  • -          14,1 bilioni di dollari che, secondo le previsioni, gli americani spenderanno complessivamente per i festeggiamenti

Tutto questo produrrà una grande  quantità  di rifiuti solidi e comporterà un enorme  consumo di risorse naturali.   
    
   Se non vuoi rinunciare alle manifestazioni d’affetto media-comandate, puoi  parteciparvi in modo eco- responsabile, come suggerisce Kendra Abkowitz del dipartimento di Sostenibilità e Gestione ambiente dell’Università di Vanderbilt:
  • -          Invia auguri/cartoline on-line invece di cartacei, o se proprio non puoi, usa la carta riciclata e ricicla le cartoline  ricevute
  • -          Regala le piante in vaso, o alberelli da piantare, piuttosto che i fiori recisi
  • -          Offri  solo il cioccolato proveniente dal commercio solidale
  • -          Fai con il tuo/ la tua dolce metà una gita romantica in un’oasi WWF, un parco nazionale, una riserva e sostieni le organizzazioni ambientaliste
  • -          Consuma la cena in un locale dove servono i prodotti locali (a km 0), slow food, organici, o prepara tu stesso una cenetta a base di prodotti scelti con questo criterio
  • -          Promettiti di vivere, da ora in poi, in un modo più “verde”. Bastano pochi accorgimenti: spegni la luce quando esci dalla stanza, il computer quando vai a letto, il riscaldamento quando lasci la casa o l’ufficio per un periodo più lungo, fai funzionare la lavatrice e la lavastoviglie solo a pieno carico e stampa o scrivi possibilmente su tutti e due lati del foglio.
Listen: Go green for Valentine's celebration




lunedì 7 febbraio 2011

Doping a base di verdure

 Quando eravamo piccoli e guardavamo le avventure di Braccio di Ferro ci dicevano che dovevamo mangiare le verdure per diventare forti come lui. Quell’irascibile, oggi ultranovantenne marinaio, mangiava gli spinaci e aveva ragione: il consumo degli ortaggi a foglia verde migliora il lavoro muscolare.     

   L’effetto è dovuto alla presenza di nitrati inorganici che al contatto con la flora batterica del cavo orale si trasformano in ossido nitrico noto da tempo come sostanza capace di dilatare i vasi sanguigni e di abbassare la pressione arteriosa. Recentemente  Eddie Weitzberg di Karolinska Institutet di Stoccolma ha scoperto un’altra funzione dell’ossido nitrico:  la sua presenza aumenta  l’efficienza dei mitocondri, organuli  responsabili della respirazione cellulare.  
Weitzberg  ha somministrato per tre giorni ad un gruppo di volontari  la quantità di nitrati equivalente ad un piatto di spinaci  e ha osservato la diminuzione del consumo di ossigeno durante l’attività fisica  aerobica. Sembra che l’ossido nitrico riduca  i livelli delle proteine che frenano il lavoro del mitocondrio.

Dott. Weittzberg precisa che si tratta di  nitrati normalmente presenti nella frutta e nella verdura e non degli  integratori chimici.  Perciò dopatevi pure, se volete, ma …con un piatto di spinaci o con qualche barbabietola.

La notizia proviene dal sito www.sciencedaily.com

sabato 29 gennaio 2011

Bulli? Figli dei padri troppo impegnati

     Sei un padre che lavora troppo?  Tuo figlio potrebbe avere disturbi del comportamento. 
Tra le cause del bullismo  viene spesso citata la situazione familiare con i genitori super impegnati, poco attenti al dialogo e a far rispettare le regole.
      Il sociologo Andre Christie-Mitzell della Vanderbilt University, in un recente studio pubblicato su Youth & Society, mette invece in relazione la quantità dell’impegno lavorativo del padre con lo sviluppo dei comportamenti aggressivi, prevaricanti, da parte dei figli. Somministrando i test (BPI)  a 687 ragazzi dell’età fra 10 e 14 anni, viventi con entrambi i genitori, lo scienziato ha scoperto che  la percezione da parte dei ragazzi della scarsità del tempo dedicatoli dai padri è  un fattore determinante per l’insorgenza dei comportamenti  da bullo. 
I figli dei padri più impegnati  erano più propensi  a compiere atti crudeli contro  i compagni, a disobbedire a scuola e non chiedevano scusa per i comportamenti riprovevoli.  Al contrario, l’orario lavorativo delle madri non aveva  alcuna influenza, forse, suppone Christie-Mitzell, perché le madri vengono comunque percepite come più presenti, responsabili del menage familiare. 
  Per quanto sia importante la presenza di tutti e due i genitori, stavolta è il padre che fa la differenza!  
Il consiglio del Prof. Christie-Mizell  è quello di programmare il tempo dedicato da passare con i figli in modo che i ragazzi possano  contare sul appuntamento con il padre per: andare in bici sabato mattina, allo stadio di domenica, o al cinema venerdì, ecc.  L’impatto positivo è dato dalla regolarità dell’impegno, una gita improvvisata, per quanto piacevole, non avrà lo stesso effetto. Se dovete saltare questo appuntamento, ricordatevi di spiegarne i motivi ai vostri figli e rilevate quanto sia importante l’impegno sopraggiunto per la vostra vita familiare.

martedì 18 gennaio 2011

Cronobiologia o astrologia?


      L’orologio biologico di ogni essere vivente riconosce la durata del giorno, controlla il ritmo circadiano di molte funzioni dell’organismo: sonno-veglia, alimentazione, attività ormonale e altre.   E’ inoltre responsabile dell’adattamento ai cambi stagionali e influenza il nostro umore.
    
   Da tempo gli scienziati sanno che l’orologio biologico è sensibile alla luce solare, ma le recenti ricerche del neurobiologo Douglas McMahon della Vanderbilt University, effettuate sui topi, dimostrano che le caratteristiche individuali del suo funzionamento dipendono dall’esposizione alla luce immediatamente dopo la nascita.
 I topi esposti alla luce per più ore al giorno, cioè “estivi”,hanno un orologio biologico “più efficiente”, più reattivo ai cambiamenti, più veloce rispetto ai topi “invernali”. Questa caratteristica rimane stabile per tutta la loro vita.

Praticamente, se i dati venissero confermati anche per l’uomo, “la qualità” del nostro orologio biologico dipenderebbe dalla stagione in cui si nasce. 
  L’orologio biologico interagisce con i circuiti cerebrali che utilizzano come neurotrasmettitore la  serotonina, regolatore dell’umore.  Questo potrebbe spiegare una  maggiore tendenza dei nati d’inverno a sviluppare le patologie come la depressione, il disturbo affettivo stagionale, il disturbo bipolare o addirittura la schizofrenia. La stagione della nascita potrebbe anche, secondo McMahon, influenzare la personalità dell’individuo.
  
    La stagione, e non la data di nascita! Stiamo parlando di cronobiologia e non di astrologia, anche se leggendo i commenti a questa notizia pubblicata su Le Scienze, troviamo le opinioni degli operatori dell'occulto  convinti che la scienza abbia finalmente parlato in loro favore…






L'articolo correlato: L'oroscopo e la personalità       

sabato 1 gennaio 2011

L'oroscopo e mindfulness. Buon anno, mese, giorno...ogni momento!


A volte capita di sprofondare nei rimpianti del passato o volare con la fantasia nel futuro. La pratica di mindfulness aiuta a vivere la vita di tutti i giorni in modo più consapevole e gratificante, in contatto con il mondo, con noi stessi e con le nostre emozioni. 
Auguri di Buon Anno da Jolanta Burzynska