Il titolo della canzone di Adriano Celentano contiene tre parole, ciascuna delle quali, oltre ad una formale cortesia, può esprimere un significato più profondo, un modo di vivere, di vedere il mondo.
In particolare, chi esprime un sentito
“grazie” si assicura una dose supplementare di felicità in quanto nota qualcosa
di buono nella esperienza che sta vivendo.
Di solito diamo per scontate le
piccole cose piacevoli che la vita ci offre, ci abituiamo velocemente al comfort
e ai cambiamenti positivi e dopo un po’ non li diamo più importanza. La mente umana
preferisce notare quello che manca, che è andato storto, che non funziona, perché
è programmata per prevedere i pericoli, aggiustare, riparare quello che non va.
Provare la gratitudine vuol dire riconoscere e accettare che qualcosa di buono
è accaduto proprio a noi, che
qualcuno ci ha fatto una gentilezza, che
nel mondo esistono anche le cose buone e gioiose.
Molte ricerche scientifiche confermano la relazione positiva
fra la capacità di esprimere gratitudine
e il benessere dell’individuo. Robert
Emmons dell’Università UC Davis in California e Michael E. McCullough dell’ University of Miami hanno
studiato gli effetti di gratitudine in
oltre mille persone.
I partecipanti, divisi in due gruppi, dovevano tenere un
diario in cui ogni sera annotavano alcune osservazioni. Il primo gruppo
scriveva 5 cose andate bene durante la giornata, per le quali potevano essere
grati. Poteva trattarsi di una telefonata gradita, un gesto carino di qualcuno,
un bel tramonto, o il sentirsi bene fisicamente. L’altro gruppo annotava 5
esperienze negative: non trovare il parcheggio, la risposta scortese da
parte di qualcuno, il dolce bruciato al forno, ecc.
Dopo 10 settimane il
gruppo che esprimeva gratitudine
riportava la percezione di qualità di vita migliore, più ottimismo, più
applicazione nel esercizio fisico e meno necessità di ricorrere alle cure
mediche.
Gli effetti positivi della gratitudine osservati
da Emmons e McCullough erano evidenti a livello psicologico, fisico e relazionale
e consistevano in:
-aumento dell’energia fisica
-miglioramento della qualità del sonno, dell’attenzione
e della concentrazione
-riduzione della pressione arteriosa e dei
sintomi fisici
-aumento del numero dei legami interpersonali, miglioramento dei
rapporti affettivi
La gratitudine, in definitiva, è il modo in
cui le persone apprezzano ciò che hanno, invece di correre alla ricerca di
qualcosa di nuovo che dovrebbe renderle felici, o di pensare che non potranno mai
essere soddisfatte se loro bisogni materiali o fisici non saranno completamente appagati.
Lo stato mentale di gratitudine può essere
sviluppato e rafforzato con un allenamento costante, che potrebbe comprendere
le seguenti “pratiche”:
-Scrivete un biglietto di ringraziamento:
esprimete a qualcuno la riconoscenza per il ruolo che ha nella vostra vita;
spedite il biglietto o, meglio, recapitate di persona e leggetelo voi stessi al
destinatario. Scrivete almeno una lettera di
ringraziamento al mese.
-Ringraziate mentalmente: se non avete il
tempo di scrivere, pensate a qualcuno che è stato gentile con voi e
ringraziatelo
-Tenete il diario di gratitudine e scrivete tutte le sere un pensiero su qualcosa che avete ricevuto durante la giornata;
condividete con la persona amata se volete
-Una volta alla
settimana contate e descrivete le esperienze positive vissute durante la settimana, notate le emozioni e le sensazioni fisiche che avete provato
-Pregate se siete credenti
-Meditate: mindfulness aiuta a focalizzarsi
sul presente senza giudicare, potete notare le cose per le quali siete grati (calore
del sole, sensazioni fisiche piacevoli, colori, suoni, ecc.)
Come afferma professor Emmons: “Rivolgendo l’attenzione alle
cose belle del mondo, ci sentiamo naturalmente più gioiosi. Non evitiamo di
guardare ciò che è doloroso o cattivo, ma notando il bene quando è presente,
non consideriamo il mondo come un luogo squallido dove succedono solo le cose
brutte. La vita contiene sia i momenti belli che brutti, ma la gratitudine
consapevole aiuta ad apprezzare quelli belli e ci rende più propensi a
condividerli con gli altri”.
Le fonti per questo post:
http://greatergood.berkeley.edu/author/Robert_Emmons/
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